Al telefono con Andrea Antonini (2010)

di Maurizio Marsico (da „Urban“, febbraio 2010, numero 85)

Perché Berlino?
Ero stanco dell’Italia, ero stanco di occuparmi di libri e musica in un paese nel quale i libri contano meno di niente e la musica se va bene è Jovanotti e se va male è Pupo. Ero anche stanco di un paese nel quale è normale non essere pagati per il proprio lavoro o essere pagati con anni di ritardo, di un paese arrogante con i cittadini e indulgente con una classe politica che si può solo definire imbarazzante, maggioranza o opposizione fa lo stesso.

E la Germania?
Qui è l’opposto dell’Italia, sia per quanto riguarda i miei interessi professionali e personali, sia per una sostanziale correttezza nei rapporti di lavoro; in particolare Berlino è una sorta di città sospesa, pienamente tedesca eppure culturalmente autonoma, accogliente ma non ricca, con una libreria ogni trecento metri e finestre dalle quali esce la musica di chi anziché passare il sabato sera nei localini preferisce invitare gli amici a suonare un quartetto di Beethoven. Così ho preso la mia attività di produzione di libri e dischi e l’ho trasferita armi e bagagli a Berlino, ricominciando quasi da capo.

Dove abiti?
Prima abitavo a Charlottenburg, adesso a Wilmersdorf, quartieri della vecchia Berlino Ovest, luoghi residenziali, silenziosissimi e tranquilli: e siccome per fare i libri ci vuole silenzio e serenità, non ho avuto dubbi su dove trovar casa.

East or West?
Chi si prenda la briga di salire in macchina e visitare qualche città o paese della vecchia Germania Est, può ancora oggi rendersi conto delle orribili condizioni di vita che il comunismo ha imposto. Quindi Ovest, sicuramente e senza alcun dubbio.

Hai un tuo angolino segreto?
Forse la Packstation sotto casa… Le Packstation sono chioschi disseminati in tutte le città della Germania da cui si possono spedire e ricevere pacchi a ogni ora del giorno e della notte. Quella breve passeggiata solitaria e di solito notturna fino alla Packstation, quando arriva la mail che annuncia l’arrivo di quel certo libro o disco è un momento consumistico intimo che mi mette sempre di buon umore…

C’è qualcosa che ti manca dell’Italia?
Niente. Io stesso nei primi tempi mi stupivo di questa totale assenza di nostalgia, ma parlando con amici fuggiti anche loro all’estero, chi a Londra, chi negli Stati Uniti, chi persino in Australia ho scoperto di non essere da solo a non provarla.

E cosa invece si può fare solamente a Berlino?
Non saprei, Berlino, come forse Stoccolma o Oslo, è una sorta di cellula staminale urbana, permette di fare ed essere ciò che si sente come proprio, permette di pensare a se stessi e di non dover pensare al luogo in cui vivi: come ciclista sei padrone dele strade, le università sono quasi gratuite, le biblioteche dei paradisi in terra. Attenzione però, Berlino non è una cuccia, se non si ha un progetto di vita o di lavoro, se si cerca solo un luogo accogliente nel quale abbandonarsi, la delusione è assicurata.

Qual è il suo odore?
Dipende dal quartiere e dal giorno della settimana: si va da un’aria purissima d’alta montagna quando c’è vento a interessanti ristagni di frittura turca verso sera, a un lieve ma persistente odore di spazzatura quando è già qualche giorno che non passano a svuotare i cassonetti del „biologico“.

Che cosa non ti piace?
Forse i dentisti, di mano pesante e che non tengono in gran conto l’anestesia né i lamenti del paziente…

Questi cinque anni „teutonici“ ti hanno insegnato qualcosa?
Questi anni niente di particolare; per contro è stata soprattutto la cultura tedesca da Lutero in poi a farmi dventare quel che sono, con la sua musica, la sua filosofia e letteratura, e di questo non posso che essere grato alla Germania.

(Riprodotto con autorizzazione di Urban City Italia spa).