Andrea Antonini Berlin
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Ogni anno centinaia di migliaia di libri nuovi e recenti sono distrutti dagli stessi editori che li hanno pubblicati. Grazie alla cosiddetta stampa digitale, che permette di produrre libri in piccolissime tirature e qualità vicina a quella tipografica, e agli e-book, che libri peraltro non sono, la situazione rispetto a un decennio fa è migliorata, ma non risolta, almeno per gli editori che continuano ad affidarsi ai tradizionali circuiti di distribuzione. Quando un editore decide di pubblicare dei libri informa della cosa la propria società di distribuzione e promozione (possono essere distinte, ma spesso coincidono). Gli agenti della società si fanno allora mandare le schede di presentazione delle novità che poi propongono alle librerie nel corso dei loro periodici pellegrinaggi. I librai valutano le proposte degli agenti e decidono quali titoli comprare.
Comprare non è il termine giusto, come vedremo poi, diciamo che decidono quali libri ordinare.
Dopo qualche tempo l‘editore riceve l‘elenco delle prenotazioni, e scopre che di un tale titolo le librerie nel loro insieme ne hanno richiesto quattrocento copie, di un altro tremila, e così via. A quel punto valuta quante copie far stampare di ogni novità, e decide anche se pubblicare libri che hanno avuto così poche prenotazioni da essere in perdita futura forte e sicura.
Il libro esce, alle librerie ne sono inviate le copie richieste e la società distributrice accredita quanto dovuto agli editori. Cioè, non accredita un tubo, dice agli editori che per il momento sono in credito di tot euro. Se l‘editore è piccolo e con poco potere di contrattazione quei soldi li vedrà dopo quattro, cinque, sei mesi. Cioè, non li vedrà, almeno non tutti. Perché il libraio che ha prenotato un certo titolo, quando si accorge che dopo un mese, o due o tre, non l‘ha ancora venduto, decide che non se ne fa niente e lo restituisce al distributore. Il quale lo rimette in magazzino e ovviamente storna il guadagno che aveva comunicato in precedenza all‘editore. Restituendo il libro, il libraio ottiene un credito da parte del distributore, e con quel credito può farsi mandare qualche altro titolo di più rapida vendita.
Questo meccanismo tra l’altro giustifica il fatto che molti editori pubblichino novità perlopiù inutili a getto continuo. In questo modo compensano i resi con sempre nuovi titoli e tengono artificialmente alto il credito di cui godono con la distribuzione. Chi ne fa le spese sono perlopiù i collaboratori, pagati sempre meno o con ritardi di mesi e anni o non pagati del tutto.
Quando i resi cominciano a diventare troppi e straripano dai magazzini del distributore, questi scrive una gentile lettera all’editore chiedendogli di riprendersi un po‘ di volumi, lo chiamano alleggerimento magazzino. L‘editore a proprie spese ritira dunque i libri invenduti, solo che anche l’editore non sa bene dove metterla tutta quella roba. E poi in buona parte si tratta di volumi ormai sciupati, smanacciati dai clienti delle librerie, rovinati dall’andirivieni, usati anche se non letti, e insomma non più vendibili.
Tra parentesi, il giorno in cui un cliente vorrà uno dei libri tornati al mittente, la libreria lo richiederà al distributore, il quale lo richiederà all’editore, il quale lo dovrà spedire a proprie spese al magazzino regionale del distributore che poi lo inoltrerà alla libreria. Quel libro sarà spedito con la formula postale economica del piego di libri e ci metterà una decina di giorni ad arrivare al distributore, che poi lo porterà al libraio al primo giro di consegne, ed ecco spiegato perché ci vogliono settimane per avere un titolo ordinato al libraio sotto casa. Se poi il cliente non lo va a ritirare, torna indietro e avanti così. Quando un libro che avete ordinato in libreria non arriva perché „esaurito presso il distributore“, vuol dire che in effetti il distributore non ce l’ha, e che per magari un decina di euro l’editore non si mette lì a prendere un volume, imballarlo, mandare in posta il fattorino e spendere due euro di francobolli.
Tra il fatto che soprattutto nelle grandi città lo spazio-magazzino costa un sacco di soldi e che i volumi sono conciati, a un certo punto anche l’editore decide di liberarsi dei libri invenduti. Ne ha il diritto anche nei confronti degli autori, perché una clausola dei contratti di edizione dice che quando un titolo si rivela di difficile smercio l’editore ha il diritto di distruggerlo. Cosa che fa mandando al macero bancali di libri praticamente nuovi, recuperando qualche decina di euro con la vendita della carta. Esiste anche la possibilità di vendere quei libri ai rispettivi autori, sempre a prezzo di macero, i quali però immancabilmente non li vogliono. Alcuni editori cercano di non cedere a questo sistema folle di produzione e autodistruzione e tengono attivo tutto il proprio catalogo, ma sono pochi e mi dicono che anche loro non ce la fanno più a tenere centinaia di migliaia di libri nei magazzini.
Morale della favola, quando un libro appena uscito vi interessa compratelo subito, perché dopo due anni potrebbe non esisterne più neanche una copia sul mercato. Una seconda morale è che per via di questo sistema librario inefficiente, le librerie finiscono per essere la morte dei libri.
(Testo e immagini copyright © 2019 Andrea Antonini, Berlino).