Andrea Antonini Berlin
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Dodici anni fa ho deciso di uscire dalla Chiesa cattolica.
Da non credente ero stufo di alcune sue stravaganti posizioni dottrinali ufficiali e ufficiose, perlopiù sconosciute al pubblico, e soprattutto ero stufo degli orrori contro i bambini. Di conseguenza ero anche stufo di versare il mio 9 per cento delle tasse a questa istituzione. Perché vivo in Germania, e qui le Chiese non prendono l’8 per mille come in Italia, ma il 9 per cento delle tue tasse. Però se tu dichiari di non appartenere ad alcuna Chiesa non paghi niente: non è che i soldi li versi lo stesso e poi finiscono chissà dove. Tuttavia, per non appartenere a una Chiesa devi prima uscirne (lo so, non ha molto senso).
Così un giorno sono andato all’apposito ufficio tasse ecclesiastiche per risolvere la faccenda. L’ufficio era adiacente a quello delle tasse sui cani, e la cosa mi lasciò perplesso. Entrai. La solita gentile e paffuta impiegata berlinese mi fece accomodare e prese il modulo che avevo compilato. Seguì un inatteso psicodramma. La signora mi domandò se ero proprio sicuro della mia scelta. A dire il vero non ne ero proprio del tutto sicuro, un certo elemento di superstizione sopravvive anche nelle migliori incertezze agnostiche. Comunque risposi di sì.
„Lei sa, vero, che non potrà più ricevere i sacramenti?“. Pazienza. „E lo sa che non potrà più sposarsi in chiesa?“. Pazienza. „Guardi che i suoi figli non potranno frequentare scuole cattoliche“. Non ho figli. „Lei non potrà lavorare per la Chiesa, ne è ben conscio?“. Già dato. Le domande continuarono in un crescendo di pathos, l’ultima mi turbò. La signora si alzò in piedi e disse (non domandò) gravemente: „Lei non potrà essere sepolto in terra consacrata“. Non feci una piega e risposi che tanto mi farò cremare. A quel punto la signora mi fece un sorriso, tornò a sedere, mise i timbri che ci volevano e mi spiegò che una copia del tutto sarebbe stata inoltrata all’arcivescovo di Berlino. Grazie, arrivederci, sono quattro euro, paghi alla macchinetta giù da basso.
Uscito dall’ufficio non è che mi sentissi proprio a mio agio. Allora tornando a casa telefonai a un mio amico monsignore di cui avevo piena fiducia filiale. E lui mi disse ridacchiando: „Andrea, quando ci sono insieme soldi e Chiesa è sempre una truffa, sta‘ tranquillo“. Mi misi il cuore in pace.
Tempo dopo ho scoperto che la mia scelta non era stata di poco conto. Avevo commesso un reato previsto dall’articolo 1364 del Codice di diritto canonico, apostasia, punito con la scomunica: „Apostasia a fide […] in excommunicationem latae sententiae incurrit“. Avendo rinnegato apertamente la fede la scomunica era stata automatica, senza necessità di una sentenza (latae sententiae). Non so che cosa poi l’arcivescovo di Berlino avesse fatto della mia autoaccusa, penso che esista un database che i becchini consultano per non diventare complici dell’apostata seppellendolo nel terriccio sbagliato, ma tutto sommato mi piace fantasticare che a sua volta l’alto prelato avesse informato il Vaticano del grave fatto e che in qualche cassetto a Roma esista una pratica a mio nome.
Ho lavorato all’interno della Chiesa cattolica per sedici anni. Ai suoi più alti livelli è una struttura di incredibile bellezza, è frequentata da persone di infinita intelligenza spesso unita a grande cinismo. E da gente che non avrei mai voluto conoscere e neanche sapere che esiste. La Chiesa è in buona parte la responsabile positiva della cultura occidentale e anche della sua decadenza. Ma questa perversa grandiosità mi sembra sempre più soffocata da un compiaciuto rinnegamento della propria storia sostenuto da una nuova mediocre dirigenza. Difficile credere che l’attuale papa gesuita sia un discendente spirituale di Ignazio di Loyola e Nicolás Bobadilla. Sono contento di esserne uscito, dovevo farlo (tasse a parte), anche se è doloroso abbandonare una parte della propria vita.
Spero solo di non scoprire un giorno di essermi ficcato in un pasticcio sovrannaturale.
(Testo e immagine Copyright © 2018 Andrea Antonini, Berlino).